Josine Dupont

Testi critici

Ivan Caccavale, Il Giornale | 28 maggio 2023

Josine Dupont, la forza ribelle del colore

Gli studi presso la Scuola degli Artefici di Brera e all’Accademia Linguistica di Belle Arti di Genova, conclusi con il massimo dei voti, hanno contribuito a formare una personalità artistica ricca di fascino. Josine Dupont parte da un figurativo canonico per poi dissolvere la figura umana in un colore pervasivo, proseguendo in uno sperimentalismo imperniato sul rapporto tra la composizione antica in monocromo e l’informale, fino all’approdo nell’informale gestuale puro. Celebre il suo Barocco informale, una corrente il cui nome serba solo apparentemente un’antinomia. Superando schematismi e limiti, infatti, la Nostra si riallaccia, con traguardi suoi originali, ad una riflessione già concepita dallo Spazialismo, che intravide nel movimento più parossistico della storia dell’arte un atteggiamento di apertura allo spazio. Unendo a ciò quel dinamismo futurista, il protagonista del Movimento stesso, Lucio Fontana, diede poi vita a quell’unicum che riuniva spazio, colore e movimento. Ebbene la Nostra, sul solco di una radicata tradizione, si dimostra pronta ad andare contro i dettami di un’arte accademica, difendendo quella volontà di annullare ogni schermo predefinito, ogni forma già data. Contrariamente a quanto si potrebbe credere, le sue espressioni artistiche così vibranti sono da considerarsi la rappresentazione di un pensiero: si tratta quindi di un’azione filtrata dall’intelletto e non affidata puramente all’istinto, di cui si ha comunque percezione nell’immediatezza del gesto. Se le estasi seicentesche degli astanti avevano il dichiarato obiettivo di voler stupire i credenti, in un vortice di luce astratta, con innegabili effetti scenografici, l’osservatore più sensibile non può rimanere indifferente dinanzi alla cifra stilistica di Josine, caratterizzata da una evidente liberazione del colore dal supporto e dalla forma. E così il vitalismo della tavolozza pare un’altalena sospesa tra materiale e immateriale, librata verso l’ineffabile. In un siffatto turbinio, animata da nobili intenti, ella giunge, come ricordato, sui lidi della gestualità informale, ultimi approdi degli animi più impavidi, lacerati dall’Idea germinale, quell’idea che è tormento imperituro, la cui resa nel perimetro della tela genera dissidi incolmabili. Ed è proprio nella contesa dialettica che Dupont magistralmente riesce a accedere al naos del tempio, all’abitazione più intima e sacrale del Tutto. L’autrice sarà protagonista della personale Selected works, con vernissage in data 22 giugno, presso lo spazio MADE4ART, in via Ciovasso 17 a Milano. Soggetti assoluti saranno 15 significative opere altamente rappresentative della sua essenza, capace, di volta in volta, di sorprendere. La mostra sarà visibile fino al 14 luglio.

Vittorio Sgarbi

La propensione astratta del figurativo

Josine Dupont, milanese di origine belga, è un’artista che ha saputo sorprendermi.  La sua personale, da me curata, Metafisica della forma, si è svolta a Milano in via della Spiga in uno spazio ideale e suggestivo e ha mostrato come, dai ritratti pessimistici e di invidiata comunicatività alle opere più complesse, Dupont abbia teso alla dissoluzione della forma. Dissoluzione più che metafisica, come lei la definisce, in quanto nonostante sia un concetto giusto sul piano filosofico, è equivocabile se si pensa alla pittura metafisica di De Chirico e Carrà.
La definizione più precisa per le sue opere è propensione astratta del figurativo. Sono opere figurative dove si vede e non si vede, dove il corpo c’è  anche se solo suggerito. Della forma si vede solo la sua essenza. Dupont, negli anni di maturazione artistica, ha compiuto una profonda ricerca sull’essenza della forma figurativa, che l’ha portata a mostrare di essa solo l’apparenza.  Ma sia che si muova con due colori, cioè con la bicromia o la monocromia, sia che si muova con colori più accesi e più vivi, il bilanciamento fra astrazione e figurazione è la sua sigla più riuscita.
Vi si possono trovare degli antefatti in alcune opere di  Scialoja, ma in lei c’è l’ostinazione a far riemergere ciò che la pittura sembra nascondere, attraverso una rarefazione.
In opere straordinariamente figurative che richiamano la sensibilità e il gusto della pittura di De Pisis, artista che rappresentava la figurazione con una pittura di gesto, astratta, Dupont oggi porta ciò che De Pisis ha fatto in quegli anni  a una sintesi ancora più estrema. Quando guardiamo le sue opere immediata è la sensazione di non vedere forma, poi l’approfondimento e la penetrazione dello sguardo ci porta a  ritrovare il giovinetto, la figura femminile, il letto disfatto. Costante in lei è la volontà di vedere ciò che sta oltre l’apparenza. Da qui deriva il tema “metafisica della forma”, che esprime l’idea di cercare sul piano filosofico uno noumeno, piuttosto che un fenomeno, cioè qualcosa che è più un concetto, che la realtà rappresentata.  il suo è stato un percorso di ricerca con una dimensione  quasi mistica, cioè di salita verso una forma assoluta, quindi una forma di ascesi pittorica.

Prof. Bruno Rosada   (Università di Venezia – Consigliere della Biennale)

Figure intuibili, esistenze precarie

C’è qualcosa nella pittura di Josine Dupont che richiama alla memoria gli “Ostaggi” di Fautrier, ma c’è anche un preciso superamento. Il richiamo è dovuto alla condizione umana di “ostaggio” esistenziale che si verifica per lo meno da due secoli a questa parte in Europa (diciamo dal tramonto dell’Illuminismo) a livello sociale e a livello culturale, e che a più di mezzo secolo di distanza da Fautrier produce ancor oggi inevitabilmente un effetto di immediata derivazione da parte del gusto corrente e a maggior ragione determina un aspetto connotativo dell’arte. Inoltre la scoperta del senso e del significato della materia, intesa nel senso specifico di “materiale usato come mezzo espressivo” (Dorfles), li mostra da allora in avanti soprattutto come positiva conseguenza dell’informale, che costituisce uno di questi aspetti connotativi che dall’esperienza di Fautrier si diramarono a caratterizzare tutta una mentalità d’arte: “tachisme”, “art autre”, “action painting”, forme contestuali che non hanno mai smentito la loro affinità coll’Informale propriamente detto.
Tutto questo è assimilato nella pittura di Josine Dupont, ma c’è nelle sue opere qualcosa di sostanzialmente diverso, che costituisce un sensibile passo avanti rispetto a quelle problematiche, ed è il recupero della materia sotto altra forma. Il problema è ormai sempre quello: come riappropriarsi del mondo reale senza tornare indietro per strade già percorse e decisamente ormai impraticabili. E allora la materia acquista tutto il suo significato filosofico, aristotelico.
In questa prospettiva assume un carattere altamente significativo la struttura compositiva: frammenti sghembi di piani che si intersecano, piani variamente articolati e modulati, brandelli di superfici che si librano a mezz’aria, linee rette e curve, macchie, forme indistinte. E la precarietà delle forme dà senso alla precarietà dell’esistenza promossa a struttura portante della stessa. E la materia non è più ciò di cui è fatta l’opera, come per Fautrier, ma ciò che l’opera rappresenta. Per l’informale del Novecento la materia e con essa la realtà non esistevano. Nella realtà c’era più vuoto che pieno. L’aspetto delle cose era un inganno. Oggi Josine Dupont recupera le cose e sotto il loro suggestivo aspetto informe (non più informale) fa intravvedere la loro forma sostanziale, figure intuibili, esistenze precarie.
La rivendicazione dell’esistenza del reale avviene allora nelle sue forme più umane, quelle del quotidiano; così il superamento del reale in forme che ne conservano ancora un’indelebile traccia definisce l’assoluta autonomia della creatività. E nei diversi momenti che non si inseguono cronologicamente, ma si sovrappongono come stratigrafie di una indagine del reale, una sorta di carotaggio della conoscenza del mondo attraverso le forme dell’arte, la straordinaria capacità pittorica di Josine Dupont, unita ad una forte sensibilità personale, produce il percorso di strade nuove, e non c’è quindi un ritorno alla figura, ma l’uso della figura.

Fabio Bianchi, Libertà

Dupont, la geografia dello spirito “Metafisica della forma”: personale da Jelmoni Studio

L’informale nacque in Europa nel secondo dopoguerra, non si sa né dove né come. Si sa solo che a tutt’oggi è in concluso, ancora esprime grandi travagli interiori. E molti pittori ‾ come Josine Dupont Pareto, protagonista della personale “Metafisica della forma” da Jelmoni Studio ‾ avvertono come quel clima di incertezza degli inizi si sia protratto fino ad oggi sostanzialmente immutato. Qui Dupont espone l’ultima produzione, tele di notevole impatto cromatico e visivo, caratterizzate da gesti forti, accentuata matericità, un vortice di sentimenti e passioni. Non sono cover di originali di anni lontani, ma trasmettono sempre un ritmo frenetico, sottolineando una soggettività sofferta, evidenziano una realtà difficile, se non impossibile, da cogliere. Predominano spazi indifferenziati, masse pigmentose, superfici rugose al punto che tutto diviene indifferenziato, si perde qualsiasi memoria e tutto si trasforma in una misteriosa geografia dello spirito, in bilico tra concettualismo e sedimentazioni inconsce.
Le varie opere, alquanto diverse fra loro, sembrano repentine apparizioni di stati d’animo che lentamente acquisiscono una loro “strana”, perché atipica, fisionomia. Ricordiamo che Dupont ha di recente elaborato schizzi ed acquarelli che, pur presupponendo la dura potenza di Schiele, ci ricordano come l’essere umano sia solo, indifeso, in balia di un destino fatale. Importante all’inaugurazione la performance “Simboliche dinamiche” dei Manicomicsteatro, che puntava a sottolineare fra l’altro un aspetto fondamentale della metafisica; dove i cinque sensi recepiscono le impressioni derivanti dall’esterno ma non sono in grado di descriverle razionalmente, come ribadito dalla lettura di passi di Aristotele, S. Agostino, Baudelaire, Calvino.

Salvatore Russo

Il segno nella pittura di Josine Dupont si scompone per assumere i tratti tipici del “nuovamente definito”

L’artista, ben lontana da una pittura figurativa che trova nella piacevolezza ottica la sua migliore forma espressiva, intraprende un nuovo viaggio che la pone fra le migliori interpreti dell’Arte Informale italiana.
Il suo narrare attraverso la pittura assume significati archetipici che intravedono nel significante la loro soluzione più vera.
Linee geometriche non scritte, contorni dell’anima, universi non ancora definiti, realtà parallele, questi sono gli elementi presenti all’interno dell’opera.
Il linguaggio cromatico si fa ricercato, deponendo a favore delle tinte intese come elemento portante del reso pittorico. Il segno sempre più incisivo e largo, sicché le sue pennellate sembrano scalfire la tela per vedere cosa essa nasconde.
I “non luoghi” diventano spazi di indagine, nuovi angoli da esplorare con umile voglia di apprendere e di misurarsi con il differente.
Una pittura che nasce dall’istinto percettivo e dalle emozioni profonde di Josine Dupont, e che ci permette di conoscere le grandi capacità introspettive di quest’artista dotata e di grande valore.

Daniele Radini Tedeschi  (sull’opera “Dolphins”)

I colori possiedono ed hanno posseduto fin dall’antichità un valore simbolico ermetico ed allegorico

tanto da tramandare nel corso dei secoli significati latenti ed iniziatici. Il quadro dell’artista, apparentemente di facile lettura e di placida risoluzione critica, offre una possibilità di analisi parallela, volta a scandagliare fra le sue tinte cerulee e lapislazzulo, una libertà ed emancipazione di natura spirituale.
L’astrazione sovente è vista come semplificazione, ma in questo caso essa si rivela studiata e voluta nella sua sapienza poetica e ardente.
La superficie graffiata fa emergere plurimi esempi di tinte, dal celeste più chiaro all’oltremare più scuro, e l’assoluto in chiave panteistica sembra soggetto del dipinto in esame.

Paolo Levi

Le immagini sfumano nei contorni, creando atmosfere astrattamente rarefatte

I lavori di Josine Dupont conducono l’osservatore in un tempo sospeso, dove le immagini sfumano nei contorni, creando atmosfere astrattamente rarefatte. Nell’impianto compositivo si svelano arcane armonie di segno e di colore, che sembrano rifarsi all’idea platonica della “mimesis” .
Con un tratto rapido e leggero l’artista percorre lo spazio pittorico, dove appare la sintesi esplicativa di un processo di decostruzione e rivisitazione del reale.
Josine Dupont mescola i pigmenti con maestria, sia quando attinge da una tavolozza ricca e variegata come in “Meditazione”, che quando indaga ombre e sfumature giocate sulle variazioni tonali come in “Morte dell’aragosta”.
Il linguaggio pittorico dell’artista è intriso di una musicalità, fra i cui ritmi lo sguardo cerca di decifrare profili conosciuti, in un vortice emotivo che induce a percorrere sentieri di intima introspezione.

Elena Putti | 29 aprile 2010

La Dupont si contraddistingue per uno sguardo intenso profondamente intimista

Josine Dupont è un’artista sfaccettata così come le sue opere. Nata a Milano ed ora residente a Genova, la Dupont si contraddistingue per uno sguardo intenso profondamente intimista che rende vibrante lo studio sulla forme sia umane che naturali.
La sua ricerca artistica partendo dal rifiuto della definizione descritta, da luogo a prospettive complesse in cui i diversi piani spaziali si fondono in un unico sguardo.
Nella sua carriera si possono distinguere diversi periodi che si snodano in una progressiva scomposizione delle forme.
Agli esordi predominano nei lavori della Dupont, le figure umane: i corpi in sinuosi movimenti sono rapidamente descritti da tratti veloci ed incisivi; le loro posizioni ritorte e precarie sottolineano una fragilità drammatica cha conferisce pathos al nudo. Il colore, in queste opere, è usato come contrasto chiaroscurale: accompagna la sinuosità delle forme dandogli profondità e vita.
Nei lavori più maturi, l’artista approfondisce il tema del movimento attraverso la scomposizione dei piani visivi. Vicino e lontano si accostano per mezzo di pennellate rapide e fugaci. Sistole e diastole di una pulsazione che porta alla fusione completa fra soggetto ed oggetto.
Avvicinandosi progressivamente agli ultimi lavori l’intuizione dell’oggetto si fa sempre più informale lasciando intravedere prospettive già vicine all’astrattismo.
La campitura del colore è sempre giocata su un piano apparentemente omogeneo che nasconde tuttavia momenti alternati di matericità e pause di colore quasi senza corpo. I toni sono quelli da sempre prediletti dalla Dupont: i blu, i rossi ed i viola, carichi ed intensi, che ci restituiscono nella sintesi una realtà vivace e ricca di accesi contrasti ed armoniche scomposizioni.
In questa esposizione, che Satura ha allestito nella Sala Colonna della sua sede, si potranno ammirare 19 opere dell’artista.
Josine per l’occasione ha scelto di mostrare una collezione di disegni in cui il suo tratto emerge con chiarezza delineando le forme sinuose di figure nude.
Pochi colori, stesi con delicata maestria, esaltano la profondità ed il dinamismo dei corpi. Il tratto nero, nettamente predominante, delinea i soggetti con segni ora aspri e decisi, ora morbidi e sfumati.
Una mostra per cogliere con immediatezza le linee che da sempre caratterizzano l’artista e riconoscere i motivi dominanti presenti anche negli ultimi lavori astratti della Dupont.

Ivan Caccavale, Il Giornale | 28 maggio 2023

Josine Dupont, la forza ribelle del colore

Gli studi presso la Scuola degli Artefici di Brera e all’Accademia Linguistica di Belle Arti di Genova, conclusi con il massimo dei voti, hanno contribuito a formare una personalità artistica ricca di fascino. Josine Dupont parte da un figurativo canonico per poi dissolvere la figura umana in un colore pervasivo, proseguendo in uno sperimentalismo imperniato sul rapporto tra la composizione antica in monocromo e l’informale, fino all’approdo nell’informale gestuale puro. Celebre il suo Barocco informale, una corrente il cui nome serba solo apparentemente un’antinomia. Superando schematismi e limiti, infatti, la Nostra si riallaccia, con traguardi suoi originali, ad una riflessione già concepita dallo Spazialismo, che intravide nel movimento più parossistico della storia dell’arte un atteggiamento di apertura allo spazio. Unendo a ciò quel dinamismo futurista, il protagonista del Movimento stesso, Lucio Fontana, diede poi vita a quell’unicum che riuniva spazio, colore e movimento. Ebbene la Nostra, sul solco di una radicata tradizione, si dimostra pronta ad andare contro i dettami di un’arte accademica, difendendo quella volontà di annullare ogni schermo predefinito, ogni forma già data. Contrariamente a quanto si potrebbe credere, le sue espressioni artistiche così vibranti sono da considerarsi la rappresentazione di un pensiero: si tratta quindi di un’azione filtrata dall’intelletto e non affidata puramente all’istinto, di cui si ha comunque percezione nell’immediatezza del gesto. Se le estasi seicentesche degli astanti avevano il dichiarato obiettivo di voler stupire i credenti, in un vortice di luce astratta, con innegabili effetti scenografici, l’osservatore più sensibile non può rimanere indifferente dinanzi alla cifra stilistica di Josine, caratterizzata da una evidente liberazione del colore dal supporto e dalla forma. E così il vitalismo della tavolozza pare un’altalena sospesa tra materiale e immateriale, librata verso l’ineffabile. In un siffatto turbinio, animata da nobili intenti, ella giunge, come ricordato, sui lidi della gestualità informale, ultimi approdi degli animi più impavidi, lacerati dall’Idea germinale, quell’idea che è tormento imperituro, la cui resa nel perimetro della tela genera dissidi incolmabili. Ed è proprio nella contesa dialettica che Dupont magistralmente riesce a accedere al naos del tempio, all’abitazione più intima e sacrale del Tutto. L’autrice sarà protagonista della personale Selected works, con vernissage in data 22 giugno, presso lo spazio MADE4ART, in via Ciovasso 17 a Milano. Soggetti assoluti saranno 15 significative opere altamente rappresentative della sua essenza, capace, di volta in volta, di sorprendere. La mostra sarà visibile fino al 14 luglio.

Vittorio Sgarbi

La propensione astratta del figurativo

Josine Dupont, milanese di origine belga, è un’artista che ha saputo sorprendermi.  La sua personale, da me curata, Metafisica della forma, si è svolta a Milano in via della Spiga in uno spazio ideale e suggestivo e ha mostrato come, dai ritratti pessimistici e di invidiata comunicatività alle opere più complesse, Dupont abbia teso alla dissoluzione della forma. Dissoluzione più che metafisica, come lei la definisce, in quanto nonostante sia un concetto giusto sul piano filosofico, è equivocabile se si pensa alla pittura metafisica di De Chirico e Carrà.

La definizione più precisa per le sue opere è propensione astratta del figurativo. Sono opere figurative dove si vede e non si vede, dove il corpo c’è  anche se solo suggerito. Della forma si vede solo la sua essenza. Dupont, negli anni di maturazione artistica, ha compiuto una profonda ricerca sull’essenza della forma figurativa, che l’ha portata a mostrare di essa solo l’apparenza.  Ma sia che si muova con due colori, cioè con la bicromia o la monocromia, sia che si muova con colori più accesi e più vivi, il bilanciamento fra astrazione e figurazione è la sua sigla più riuscita.

Vi si possono trovare degli antefatti in alcune opere di  Scialoja, ma in lei c’è l’ostinazione a far riemergere ciò che la pittura sembra nascondere, attraverso una rarefazione.

In opere straordinariamente figurative che richiamano la sensibilità e il gusto della pittura di De Pisis, artista che rappresentava la figurazione con una pittura di gesto, astratta, Dupont oggi porta ciò che De Pisis ha fatto in quegli anni  a una sintesi ancora più estrema. Quando guardiamo le sue opere immediata è la sensazione di non vedere forma, poi l’approfondimento e la penetrazione dello sguardo ci porta a  ritrovare il giovinetto, la figura femminile, il letto disfatto. Costante in lei è la volontà di vedere ciò che sta oltre l’apparenza. Da qui deriva il tema “metafisica della forma”, che esprime l’idea di cercare sul piano filosofico uno noumeno, piuttosto che un fenomeno, cioè qualcosa che è più un concetto, che la realtà rappresentata.  il suo è stato un percorso di ricerca con una dimensione  quasi mistica, cioè di salita verso una forma assoluta, quindi una forma di ascesi pittorica.

prof. Bruno Rosada   (Università di Venezia – Consigliere della Biennale ’93-’96)

Figure intuibili, esistenze precarie

C’è qualcosa nella pittura di Josine Dupont che richiama alla memoria gli “Ostaggi” di Fautrier, ma c’è anche un preciso superamento. Il richiamo è dovuto alla condizione umana di “ostaggio” esistenziale che si verifica per lo meno da due secoli a questa parte in Europa (diciamo dal tramonto dell’Illuminismo) a livello sociale e a livello culturale, e che a più di mezzo secolo di distanza da Fautrier produce ancor oggi inevitabilmente un effetto di immediata derivazione da parte del gusto corrente e a maggior ragione determina un aspetto connotativo dell’arte. Inoltre la scoperta del senso e del significato della materia, intesa nel senso specifico di “materiale usato come mezzo espressivo” (Dorfles), li mostra da allora in avanti soprattutto come positiva conseguenza dell’informale, che costituisce uno di questi aspetti connotativi che dall’esperienza di Fautrier si diramarono a caratterizzare tutta una mentalità d’arte: “tachisme”, “art autre”, “action painting”, forme contestuali che non hanno mai smentito la loro affinità coll’Informale propriamente detto.

Tutto questo è assimilato nella pittura di Josine Dupont, ma c’è nelle sue opere qualcosa di sostanzialmente diverso, che costituisce un sensibile passo avanti rispetto a quelle problematiche, ed è il recupero della materia sotto altra forma. Il problema è ormai sempre quello: come riappropriarsi del mondo reale senza tornare indietro per strade già percorse e decisamente ormai impraticabili. E allora la materia acquista tutto il suo significato filosofico, aristotelico.

In questa prospettiva assume un carattere altamente significativo la struttura compositiva: frammenti sghembi di piani che si intersecano, piani variamente articolati e modulati, brandelli di superfici che si librano a mezz’aria, linee rette e curve, macchie, forme indistinte. E la precarietà delle forme dà senso alla precarietà dell’esistenza promossa a struttura portante della stessa. E la materia non è più ciò di cui è fatta l’opera, come per Fautrier, ma ciò che l’opera rappresenta. Per l’informale del Novecento la materia e con essa la realtà non esistevano. Nella realtà c’era più vuoto che pieno. L’aspetto delle cose era un inganno. Oggi Josine Dupont recupera le cose e sotto il loro suggestivo aspetto informe (non più informale) fa intravvedere la loro forma sostanziale, figure intuibili, esistenze precarie.

La rivendicazione dell’esistenza del reale avviene allora nelle sue forme più umane, quelle del quotidiano; così il superamento del reale in forme che ne conservano ancora un’indelebile traccia definisce l’assoluta autonomia della creatività. E nei diversi momenti che non si inseguono cronologicamente, ma si sovrappongono come stratigrafie di una indagine del reale, una sorta di carotaggio della conoscenza del mondo attraverso le forme dell’arte, la straordinaria capacità pittorica di Josine Dupont, unita ad una forte sensibilità personale, produce il percorso di strade nuove, e non c’è quindi un ritorno alla figura, ma l’uso della figura.

Libertà – Quotidiano di Piacenza – Fabio Bianchi

Dupont, la geografia dello spirito “Metafisica della forma”: personale da Jelmoni Studio

L’informale nacque in Europa nel secondo dopoguerra, non si sa né dove né come. Si sa solo che a tutt’oggi è in concluso, ancora esprime grandi travagli interiori. E molti pittori ‾ come Josine Dupont Pareto, protagonista della personale “Metafisica della forma” da Jelmoni Studio ‾ avvertono come quel clima di incertezza degli inizi si sia protratto fino ad oggi sostanzialmente immutato. Qui Dupont espone l’ultima produzione, tele di notevole impatto cromatico e visivo, caratterizzate da gesti forti, accentuata matericità, un vortice di sentimenti e passioni. Non sono cover di originali di anni lontani, ma trasmettono sempre un ritmo frenetico, sottolineando una soggettività sofferta, evidenziano una realtà difficile, se non impossibile, da cogliere. Predominano spazi indifferenziati, masse pigmentose, superfici rugose al punto che tutto diviene indifferenziato, si perde qualsiasi memoria e tutto si trasforma in una misteriosa geografia dello spirito, in bilico tra concettualismo e sedimentazioni inconsce.

Le varie opere, alquanto diverse fra loro, sembrano repentine apparizioni di stati d’animo che lentamente acquisiscono una loro “strana”, perché atipica, fisionomia. Ricordiamo che Dupont ha di recente elaborato schizzi ed acquarelli che, pur presupponendo la dura potenza di Schiele, ci ricordano come l’essere umano sia solo, indifeso, in balia di un destino fatale. Importante all’inaugurazione la performance “Simboliche dinamiche” dei Manicomicsteatro, che puntava a sottolineare fra l’altro un aspetto fondamentale della metafisica; dove i cinque sensi recepiscono le impressioni derivanti dall’esterno ma non sono in grado di descriverle razionalmente, come ribadito dalla lettura di passi di Aristotele, S. Agostino, Baudelaire, Calvino.

Salvatore Russo

Il segno nella pittura di Josine Dupont si scompone per assumere i tratti tipici del “nuovamente definito”

L’artista, ben lontana da una pittura figurativa che trova nella piacevolezza ottica la sua migliore forma espressiva, intraprende un nuovo viaggio che la pone fra le migliori interpreti dell’Arte Informale italiana.

Il suo narrare attraverso la pittura assume significati archetipici che intravedono nel significante la loro soluzione più vera.

Linee geometriche non scritte, contorni dell’anima, universi non ancora definiti, realtà parallele, questi sono gli elementi presenti all’interno dell’opera.

Il linguaggio cromatico si fa ricercato, deponendo a favore delle tinte intese come elemento portante del reso pittorico. Il segno sempre più incisivo e largo, sicché le sue pennellate sembrano scalfire la tela per vedere cosa essa nasconde.

I “non luoghi” diventano spazi di indagine, nuovi angoli da esplorare con umile voglia di apprendere e di misurarsi con il differente.

Una pittura che nasce dall’istinto percettivo e dalle emozioni profonde di Josine Dupont, e che ci permette di conoscere le grandi capacità introspettive di quest’artista dotata e di grande valore.

Daniele Radini Tedeschi – sull’opera “Dolphins”

I colori possiedono ed hanno posseduto fin dall’antichità un valore simbolico ermetico ed allegorico

tanto da tramandare nel corso dei secoli significati latenti ed iniziatici. Il quadro dell’artista, apparentemente di facile lettura e di placida risoluzione critica, offre una possibilità di analisi parallela, volta a scandagliare fra le sue tinte cerulee e lapislazzulo, una libertà ed emancipazione di natura spirituale.

L’astrazione sovente è vista come semplificazione, ma in questo caso essa si rivela studiata e voluta nella sua sapienza poetica e ardente.

La superficie graffiata fa emergere plurimi esempi di tinte, dal celeste più chiaro all’oltrermare più scuro, e l’assoluto in chiave panteistica sembra soggetto del dipinto in esame.

Paolo Levi

Josine Dupont mescola i pigmenti con maestria

I lavori di Josine Dupont conducono l’osservatore in un tempo sospeso, dove le immagini sfumano nei contorni, creando atmosfere astrattamente rarefatte. Nell’impianto compositivo si svelano arcane armonie di segno e di colore, che sembrano rifarsi all’idea platonica della “mimesis” .

Con un tratto rapido e leggero l’artista percorre lo spazio pittorico, dove appare la sintesi esplicativa di un processo di decostruzione e rivisitazione del reale.

Josine Dupont mescola i pigmenti con maestria, sia quando attinge da una tavolozza ricca e variegata come in “Meditazione”, che quando indaga ombre e sfumature giocate sulle variazioni tonali come in “Morte dell’aragosta”.

Il linguaggio pittorico dell’artista è intriso di una musicalità, fra i cui ritmi lo sguardo cerca di decifrare profili conosciuti, in un vortice emotivo che induce a percorrere sentieri di intima introspezione.

Elena Putti, Associazione culturale Satura | 29 aprile 2010 |

La Dupont si contraddistingue per uno sguardo intenso profondamente intimista

Josine Dupont è un’artista sfaccettata così come le sue opere. Nata a Milano ed ora residente a Genova, la Dupont si contraddistingue per uno sguardo intenso profondamente intimista che rende vibrante lo studio sulla forme sia umane che naturali.

La sua ricerca artistica partendo dal rifiuto della definizione descritta, da luogo a prospettive complesse in cui i diversi piani spaziali si fondono in un unico sguardo.

Nella sua carriera si possono distinguere diversi periodi che si snodano in una progressiva scomposizione delle forme.

Agli esordi predominano nei lavori della Dupont, le figure umane: i corpi in sinuosi movimenti sono rapidamente descritti da tratti veloci ed incisivi; le loro posizioni ritorte e precarie sottolineano una fragilità drammatica cha conferisce pathos al nudo. Il colore, in queste opere, è usato come contrasto chiaroscurale: accompagna la sinuosità delle forme dandogli profondità e vita.

Nei lavori più maturi, l’artista approfondisce il tema del movimento attraverso la scomposizione dei piani visivi. Vicino e lontano si accostano per mezzo di pennellate rapide e fugaci. Sistole e diastole di una pulsazione che porta alla fusione completa fra soggetto ed oggetto.

Avvicinandosi progressivamente agli ultimi lavori l’intuizione dell’oggetto si fa sempre più informale lasciando intravedere prospettive già vicine all’astrattismo.

La campitura del colore è sempre giocata su un piano apparentemente omogeneo che nasconde tuttavia momenti alternati di matericità e pause di colore quasi senza corpo. I toni sono quelli da sempre prediletti dalla Dupont: i blu, i rossi ed i viola, carichi ed intensi, che ci restituiscono nella sintesi una realtà vivace e ricca di accesi contrasti ed armoniche scomposizioni.

In questa esposizione, che Satura ha allestito nella Sala Colonna della sua sede, si potranno ammirare 19 opere dell’artista.

Josine per l’occasione ha scelto di mostrare una collezione di disegni in cui il suo tratto emerge con chiarezza delineando le forme sinuose di figure nude.

Pochi colori, stesi con delicata maestria, esaltano la profondità ed il dinamismo dei corpi. Il tratto nero, nettamente predominante, delinea i soggetti con segni ora aspri e decisi, ora morbidi e sfumati.

Una mostra per cogliere con immediatezza le linee che da sempre caratterizzano l’artista e riconoscere i motivi dominanti presenti anche negli ultimi lavori astratti della Dupont.

Josine Dupont

Biografia

Josine Dupont

Bibliografia